Per essere Chiesa oggi

Su ali d'aquila

Domenica 27 agosto 2023 • Domenica che precede il Martirio di Giovanni


Una piccola comunità di mille uomini e donne che danno la vita per un giorno di festa, che danno la vita difendere la loro Tradizione, cioè quella del riposo in Dio, quella del rileggere in Dio il loro cammino di vita. Se agli occhi del mondo di ieri e di oggi questa comunità è folle, per noi deve sorgere la provocazione: che cosa ci narra una comunità come questa nel nostro modo di essere Chiesa?

Molte volte misuriamo il nostro modo di essere Chiesa nei numeri, nel prestigio, nel difendere un titolo, un privilegio dentro la società. Ci preoccupiamo di stare un po’ di qua e un po’ di là per accontentare tutti, perché tutti trovino una chiesa adatta alle misure. Questo è un modo falso di essere Chiesa, di essere comunità dei credenti, comunità dei discepoli di Cristo. Un modo falso che declina l’invito che Gesù ci da nel vangelo di questa domenica: date a Cesare quello di Cesare, a Dio quello di Dio, cioè date a Cesare, al mondo che ci governa il giusto, quello che aiuta una comunità a crescere veramente nella giustizia e nella pace, ma in Dio riconoscete il fondamento della vita, la radice, la sorgente del cammino che è il suo amore per noi.

Il nostro modo di essere Chiesa è vero quando viviamo nello stile dell’amore di Dio, quando viviamo del suo amore. E quindi dentro a questo modo di essere Chiesa non ci si preoccupa di quante cose abbiamo fatto, non scadiamo in slogan senza senso, non barattiamo le radici, ma in esse ravviviamo la nostra testimonianza, la rendiamo concreta e attuale, senza però sempre mettere in discussione il tutto.

Il discepolo, come ricorda Paolo nella lettera agli Efesini, indossando la corazza della fede, cingendosi della verità e con la spada dello Parola sta nel mondo, vive un continuo discernimento, non mettendo in discussione Dio e la sua Chiesa, ma invece rimettendo in discussione il modo con la quale comunica e trasmette il Vangelo, il modo con la quale dice Gesù, cioè l’amore che Dio ha da sempre per noi. Ciò che forse va rivisitato nel nostro modo di essere Chiesa è il nostro modo di essere discepoli, di essere testimoni del Vangelo. Ci preoccupiamo di tante cose, di custodire tanti orpelli del passato che non parlano più oggi. Ci preoccupiamo del prestigio che dovremmo avere, ma non invece di custodire il fondamento di questo.

Sono una continua rivelazione le parole che Joseph Ratzinger disse in una intervista del Natale del 1969 sulla Chiesa del Duemila. Il futuro papa già profetizzava la nostra condizione odierna. Diceva:

Il futuro della Chiesa può venire ancora solo dalla forza di coloro che hanno profonde radici e vivono la pienezza pura della loro fede. Non verrà da coloro che prescrivono soltanto ricette, né da coloro che di volta in voltasi adeguano al momento transitorio. Non verrà da quelli che si limitano a criticare gli altri ritenendosi infallibili e neppure da coloro che scelgono solo il cammino più comodo, evitano la passione della fede e dichiarano falso e sorpassato, tirannia e legalismo tutto ciò che impone sacrifici all’uomo e lo obbliga a rinunciare a sé stesso. Anche questa volta, come sempre, il futuro della Chiesa nascerà dai nuovi santi. E dunque da uomini la cui capacità di percezione va al di là delle frasi fatte, e proprio per questo sono moderni. Da uomini che sanno vedere più lontano degli altri, perché la loro vita abbraccia spazi più ampi. L’altruismo, che rende libero l’uomo, si acquista solo giorno dopo giorno nella pazienza delle piccole rinunce a sé stessi. […] Se oggi ci è difficile percepire ancora Dio, questo dipende dal fatto che ci è diventato troppo facile evitare noi stessi e fuggire davanti alla profondità della nostra esistenza nello stordimento delle comodità. Se è vero che si vede bene solo con il cuore, come siamo ciechi noi tutti! […] Anche questa volta dalla crisi di oggi nascerà una Chiesa che avrà perduto molto. La Chiesa diventerà più piccola, bisognerà ricominiciare tutto da capo. Non potrà più riempire molti degli edifici che aveva eretto nel periodo del suo massimo splendore. Oltre a ridursi numericamente, perderà anche molti privilegi nella società. Si presenterà in modo molto più accentuato di un tempo come comunità della libera volontà, cui si può accedere solo per il tramite di una decisione. Come piccola comunità solleciterà con maggior forza l’iniziativa dei suoi singoli membri. Certamente conoscerà nuove forme di ministero e ordinerà sacerdoti dei cristiani provati che esercitano una professione. Ma a accanto a queste forme sarà indispensabile la figura principale del prete, che esercita il ministero come ha fatto finora. […] la Chiesa ritroverà con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede in Dio uno e trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Metterà la fede e la preghiera di nuovo al centro, sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica. Sarà una Chiesa più spirituale, […] una Chiesa semplificata e dalla rinnovata capacità di guardare dentro sé stessa, una Chiesa da cui scaturirà una grande forza. gli uomini infatti saranno indicibilmente soli in un mondo totalmente pianificato. Quando Dio sarà per loro interamente scomparso, sperimenteranno tutta la loro spaventosa povertà. E riscopriranno la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo. Come una speranza che li riguarda, come una risposta che, in segreto, hanno sempre cercato. […] Non sarà la Chiesa del culto politico, che ha già fallito con Gobel, ma la Chiesa della fede. Non sarà più la forza dominante della società, ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà agli uomini come la patria, che da loro vita e speranza oltre la morte.
 

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